Prodotti Ogm? No, grazie, sono dannosi!

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In un momento in cui l’Italia, anche a causa delle norme sulla coesistenza che si appresta a varare la Regione Friuli Venezia Giulia, sembra aprire le porte alla coltivazione degli OGM,  abbiamo ritenuto importante sentire il parere di Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro delle Politiche Agricole del Governo Amato nel 2000/2001 e Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel Governo Prodi II dal 2006 al 2008.

D – Onorevole, si parla tanto in questi ultimi giorni di Organismi Geneticamente Modificati (OGM). Recentemente è intervenuto nel dibattito anche il Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, affermando sostanzialmente in una recente intervista,  che “L’unica cosa di cui i cittadini devono aver paura è il terrorismo pseudo-scientifico che uccide il biotech”, portato avanti da chi è contrario alla coltivazione di OGM nel nostro Paese. Ci spiega le motivazioni del fronte del No?

R – Sostanzialmente si tratta di piante ottenute mediante tecniche di ingegneria genetica, attraverso le quali si va a modificare il loro DNA. Organismi vegetali che non si sarebbero mai sviluppati senza l’intervento dell’uomo. Purtroppo queste nuove piante, con il loro polline, originano inquinamento genetico, per cui la coesistenza con altre forme di agricoltura è praticamente, e scientificamente, impossibile. E si badi bene che l’inquinamento genetico non è come l’inquinamento chimico, che, entro certi limiti, può essere fermato (se si scopre che una sostanza è nociva alla salute o all’ambiente, si smette di produrla e si cerca di eliminarla); questi nuovi organismi non hanno bisogno dell’uomo per riprodursi e sono in grado di diffondersi autonomamente nell’ambiente. Una volta introdotti sarà molto difficile eliminarli. Allora, personalmente, penso che prima di utilizzarli occorra indagare bene su quelli che possono essere gli effetti sulla salute umana, sull’ambiente, sullo sviluppo delle generazioni future e, perché no, sull’economia della nostra agricoltura. Soltanto l’avidità dell’uomo può arrivare a pensare di introdurre un elemento che si inserisce stabilmente nella catena alimentare, senza conoscerne le conseguenze sulla salute della nostra generazione e su quella delle generazioni future.

D – Il Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in merito al lavoro di Séralini, che avrebbe verificato lo sviluppo di tumori nei topi alimentati con mangimi OGM, poi ritirato, afferma: “Un lavoro come quello di Séralini ha richiesto anni, per cui servirà tempo perché ricercatori indipendenti lo verifichino”. Lei cosa ne pensa?

R – Penso esattamente quello che ha affermato il Rettore. Se è vero che lo studio di Séralini ha richiesto anni di lavoro, per cui serviranno ulteriori anni affinché ricercatori indipendenti lo verifichino, significa che, forse, non è un lavoro così sbagliato. A mio parere, occorrerà individuare, se ce ne sono, i punti deboli del lavoro di Séralini, rifarlo come “Dio comanda” e poi ragioniamo …………. ma non fidiamoci solo delle ricerche delle ditte che vogliono fare business con gli OGM! Anche se occorreranno anni, non è un problema di tempo. La Nostra Società non ha fretta di introdurre una innovazione tecnologica della quale ancora non comprendiamo bene gli effetti di lungo periodo. Non possiamo pensare ancora una volta di “collettivizzare i costi e di privatizzare i guadagni”, così come è avvenuto per tante altre “innovazioni tecnologiche”, che poi non si sono rivelate tali e che ci sono costate tantissimo in termini di risanamento ambientale.

D – Nella sua intervista il Rettore afferma che “Tutte le accademie scientifiche nazionali hanno preso posizione: non esiste un problema Ogm a livello scientifico. Ormai non sono considerati una minaccia per la salute delle persone o dell’ambiente, su questo proprio non c’è più dibattito” .  Lei cosa ne pensa?

R – In primo luogo dico che c’è contraddizione in quello che afferma, poiché in una parte dell’intervista dice che lo studio di Séralini deve essere verificato da ricercatori indipendenti e poi afferma che non ci sono problemi per la salute delle persone e per l’ambiente ….. forse c’è qualcosa che non quadra. Poi, non è proprio vero che tutte le Accademie e le Società Scientifiche abbiano una posizione favorevole nei confronti degli OGM. In particolare, la Società Italiana di Ecologia in un suo documento consultabile anche in rete, afferma che “L’aumento di produzione agricola dovuto a questi OGM è minimo, se non inesistente, l’unico cosiddetto “vantaggio” essendo la possibilità di utilizzare indiscriminatamente grandi quantità di erbicida senza danneggiare la specie coltivata. Ma gli OGM possono anche costituire un pericolo per il funzionamento degli ecosistemi, poichè la loro introduzione è del tutto analoga al rilascio di specie esotiche, una pratica che ha portato nel recente e lontano passato a qualche beneficio, ma anche a molti danni, di natura sia biologica che economica. L’introduzione di OGM ha già contribuito in alcuni casi al declino di specie e razze naturali e, se effettuata su larga scala, può contribuire a una drastica diminuzione della biodiversità dei nostri ecosistemi. Vogliamo ricordare con forza che a medio e lungo termine la salute dei nostri figli e dei nostri nipoti dipende dal mantenimento del funzionamento degli attuali sistemi naturali che forniscono gratuitamente non solo cibo, legname, fibre tessili, medicinali, ma anche servizi fondamentali per la nostra sopravvivenza quali la purificazione naturale di aria e acqua, il riciclo dei sali nutritivi, la stabilità dei versanti montagnosi, la protezione delle coste dall’erosione.” In definitiva, la Società Italiana di Ecologia, ci fa notare che gli OGM rappresentano un pericolo per la Biodiversità e, come tutti sanno, la Biodiversità è alla base della vita ……… senza Biodiversità non c’è vita!

D – Allora, Onorevole, constatate le incertezze sulle caratteristiche salutistiche e ambientali degli OGM e sulla impossibilità di eliminarli una volta introdotti, come mai la Regione Friuli Venezia Giulia si appresta a varare norme di coesistenza per gli OGM, che rappresenterebbero una apertura del nostro Paese a questi nuovi organismi?

R – In primo luogo bisogna dire che queste norme di coesistenza non riguardano tutti gli OGM. Da quello che si è potuto leggere nella prima bozza disponibile, che spero non sia mai approvata, si è potuto rilevare che queste norme riguardano il Mais Bt, un mais che rende la pianta resistente agli attacchi di un insetto. Si badi bene “resistente, non significa indenne”, poiché è risaputo che col tempo questi insetti maturano una resistenza genetica alla tossina prodotta dalla pianta. Pertanto, questo mais ha una utilità che è destinata a dissolversi nel nulla dopo pochi anni. La coesistenza tra coltivazioni OGM e coltivazioni convenzionali/biologiche è una “balla planetaria”, poiché nel momento stesso in cui vi sarà incertezza produttiva a causa del polline transgenico, nessun agricoltore sarà disposto a produrre ai costi del biologico, più alti, per poi vendere ai prezzi del transgenico, più bassi. Ecco allora che in questa situazione chi non coltiverà OGM subirà i maggiori danni economici e dopo pochi anni sarà costretto a coltivare OGM. Con la coesistenza c’è poi il problema della perdita di Varietà tipiche locali, con conseguente scomparsa degli alimenti che ne derivano. In particolare, per quanto attiene al mais, la polenta da secoli fa parte dell’alimentazione e della gastronomia di gran parte della popolazione italiana. In tutte le Regioni esistono coltivazioni particolari di mais per la produzione di farina per polenta. Così, per esempio, in Piemonte troviamo il “Mais 8 file di Antignano”, in Lombardia troviamo il “Mais 8 file di Storo”, nelle Marche troviamo il “Mais 8 file di Pollenza”, ecc. Nel nostro Paese molti ristoratori vivono, e ricavano reddito, grazie alla polenta, che rappresenta la base per la preparazione di numerosi piatti tipici. Purtroppo, tutto questo “Ben di Dio” rischia di scomparire se nel nostro Paese sarà introdotta la coesistenza con mais OGM. La commistione darà origine, anche per queste produzioni tipiche, ad una granella di mais in parte OGM, che, con ogni probabilità, il consumatore non sarà più disposto ad acquistare. Da questo punto di vista, illuminante è la situazione che si è venuta a determinare in Messico, luogo di origine del mais, dove coltivazioni locali sono state inquinate dal mais OGM e di questo la Serracchiani dovrebbe tenerne conto prima di varare un regolamento sulla coesistenza, che, anche scientificamente, è impossibile da attuare. In definitiva, a mio parere la coesistenza tra coltivazioni OGM e coltivazioni “non OGM” rappresenta un “Cavallo di Troia” e prima o poi, in uno stesso mercato, le coltivazioni OGM soppianteranno quelle “non OGM” (la moneta cattiva scaccerà la moneta buona).

D – In merito invece alle perplessità esposte dal Rettore a proposito di danno per gli agricoltori in merito di Reddito Agricolo e di Economia Italiana, per l’eventuale mancata adozione degli OGM, come risponde?

R – Assolutamente no! Sarebbe vero se l’agricoltore fosse in grado di decidere il prezzo di vendita dei suoi prodotti. La mia esperienza di Ministro dell’Agricoltura mi ha fatto comprendere che la realtà, purtroppo, è molto diversa, in quanto l’agricoltore subisce il prezzo di mercato; prezzo di mercato che è condizionato dai costi di produzione, per cui nel lungo periodo se i costi di produzione si abbassano, si abbassano anche i prezzi di vendita agricoli e, conseguentemente, in pochi anni si verrebbe a ristabilire la situazione di partenza. L’abbassamento dei prezzi potrebbe comunque essere un vantaggio per la Società, peccato che gli alimenti OGM siano percepiti come di scarsa qualità. Secondo le ultime indagini di mercato, i 3/4 dei consumatori non li acquisterebbero. Gli italiani richiedono: “Qualità”, “Sicurezza” e “Tracciabilità”. Gli OGM, purtroppo, non presentano nessuna di queste caratteristiche.

D – Per il nostro Paese gli OGM rappresentano secondo Lei dunque una opportunità o un pericolo?

R – A mio parere gli OGM rappresentano un pericolo per l’agricoltura del nostro Paese, poiché la Politica Agricola Nazionale dovrebbe essere quella di proteggere un settore di importanza strategica. Pensiamo all’Agricoltura italiana come ad una grande impresa privata e chiediamoci …….”esiste sul mercato un’impresa privata che vuole a tutti i costi produrre un bene che l’80% dei consumatori ha dichiarato di non voler comprare? Produrrebbe la FIAT un’auto che l’80% degli automobilisti ha dichiarato di non voler comprare? Esiste sul mercato un’impresa che abbandona una strategia vincente, basata sulla qualità (il fatturato annuo Agroalimentare è dell’ordine di 120 miliardi di euro, con un export dell’ordine di 30 miliardi di euro ……… i prodotti italiani copiati – taroccati – nel mondo originano un fatturato di 60 miliardi di euro, pari a 300.000 posti di lavoro), per attuare una strategia massificante e omologante, basata sui bassi costi di produzione e su livelli qualitativi discutibili? Potremmo noi, Agricoltura Italia, competere con gli OGM sul mercato mondiale? La risposta è decisamente negativa.

D – Allora che cosa ci può dire in conclusione?

R– In conclusione, penso che con troppa fretta si cerchi di applicare una tecnologia fortemente innovativa, che potrebbe avere ripercussioni significative sulla salute umana ed animale, sull’ambiente, sulla sicurezza alimentare, sulla biodiversità e sullo sviluppo delle generazioni future. Una tecnologia che non ha subito il vaglio di sperimentazioni adeguate basate sul “principio di precauzione”. Occorrerà poi valutare attentamente se questi “nuovi alimenti” rispondono, o meno, ad una reale esigenza del consumatore. Soprattutto nell’attuale momento in cui egli tende a privilegiare la tipicità, la salubrità e, più in generale, la naturalezza dei prodotti alimentari, si può affermare che il loro sviluppo è sicuramente controtendenza, una controtendenza che andrà valutata attentamente, al fine di non sprecare risorse in una innovazione tecnologica della quale non sentiamo una reale necessità.

 Giovanni Picone