Se il quartiere potesse parlare, senza dubbio darebbe voce ad un appello simile.
Parliamo di Fuorigrotta, un quartiere di Napoli orfano di residenti che, disinteressati alla tutela e alla salvaguardia di esso, lo condannano ogni giorno alla decadenza.
Certo, perché la vigliacca mentalità urbana è quella del “chissenefrega”; “mica tocca a noi fare queste cose”. Quanto è facile appellarsi al populismo, scaricando sempre le colpe “al Comune”, “alla politica”, “allo Stato”. Quanti paroloni, pur di non entrare nella concezione che il cambiamento è possibile, ma non deve essere cercato fuori da noi, ma a partire da noi: “dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo” . Viviamo negli anni più qualunquisti della storia di questo Paese, è vero, sono tempi duri in cui siamo tutti un po’ naufraghi alla deriva di idee, speranze e senso di partecipazione. Ma non dobbiamo adagiarci sulla strada della rassegnazione, perchè è la più facile e meschina. Siamo un popolo di Cristiani, conosciamo bene la storia di Cristo, eppure siamo tutti dei Ponzio Pilato, e ce ne laviamo le mani. Ce ne laviamo le mani Noi, che accusiamo “gli altri” di lavarsene le mani… Ma, senza fare grandi morali, senza fare grandi viaggi ideologici: iniziamo a riacquistare il vero senso di Politica, a partire da Noi, dal nostro piccolo ma concreto e possibile raggio d’azione: il nostro quartiere.
Viviamo in una grande città, che “stuorto o muorto” va avanti, ma che per la quale i riflettori dei media, si accendono solo quando inciampa, o a fatica tira avanti. E allora, invece di indignarci perché al TG parlano solo di monnezza, camorra, e scippi, perché non proporre nuove vie che possano riportare la gioia di vivere a colori le strade del quartiere (?): passeggiare tra i negozi, sfruttare al meglio gli spazi e le piazze, valorizzare il verde che ci resta e portare altro verde, altra luce, nuove opportunità… Basta poco: a partire da noi. Fuorigrotta ne ha bisogno, e anche chi ci vive. Perché è ingiusto che spazi adibiti per bambini, siano invece sporcati da chi il quartiere lo usa e lo getta a suo piacimento; è ingiusto che panchine e giardinetti, debbano diventare proprietà di incivili occupanti ad oltranza, di cui restano peraltro sgradevoli tracce e residui della loro permanenza.
È ingiusto che si continui a vivere nella convizione che”niente mai cambierà”, “che nisciuno è buono” perché “sono tutti uguali”. È ingiusto perché è falso, perché c’è chi ci crede, e lotta, nonostante tutto, per salvare il salvabile e cercando di coltivare laddove agli occhi di tutti è un campo sterile. Persone come Rosario Coglitore, che con il suo gruppo Facebook “quelli che amano Fuorigrotta”, testimonia e porta avanti le condizioni in cui giacciono alcune zone del quartiere, facendo rispuntare fiori in terreni incolti e malridotti, e ricolorando così, grazie alla collaborazione di validissimi cittadini volontari, la Fuorigrotta del 2014, un po’ grigia, triste, che ricorda con nostalgia, i tempi del Viale Augusto alberato, dell’Edenlandia, della folla e della gente entustiasta, attiva, partecipe. Bando alla nostalgia, è tempo di vivere il presente per scegliere il futuro: insomma, qual è la Fuorigrotta che vogliamo?
– Fuorigrotta Terra di Nessuno, o Campo di Fiori?
Martina Cecere