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Allarme per rinnovabili e agricoltura nel Decreto competitività

Stampa e Ambiente

“Chiediamo al Parlamento e al Governo di rivedere radicalmente le misure restrittive sul settore delle fonti di energia rinnovabili del ‘decreto competitività’ (n.66/2014)”.

La richiesta arriva dal Coordinamento Free (che raggruppa oltre 30 associazioni del mondo delle rinnovabili e dell’efficenza energetica) e Agrinsieme (coordinamento delle sigle agricole).

“Il provvedimento – spiegano Free e Agrinsieme in una nota congiunta – oltre a riproporre per l’ennesima volta la inaccettabile prassi dei provvedimenti retroattivi, compromette l’attività di produzione energetica connessa al mondo agricolo e zootecnico, con ripercussioni economiche ed occupazionali inaccettabili.

Le imprese agricole italiane si sono fidate di un contratto siglato con lo Stato e hanno investito in modo convinto sulla green economy. Più di 1.200 MW di biogas e biomasse installati nel solo settore agricolo, almeno 2.700 MW di impianti fotovoltaici installati in agricoltura. Un investimento di circa 6,8 mln ogni MW installato per gli impianti a biogas e biomasse (quasi 8 miliardi complessivi); circa 13 miliardi nel settore del fotovoltaico agricolo. Nel solo settore del biogas – spiegano Free e Agrinsieme – gli addetti impiegati stabilmente sono più di 10 mila, senza contare l’indotto generato nel settore industriale e della meccanica agraria”.

La tassazione su base imponibile del 25% (cinque volte l’imposta precedente!) già a partire dal periodo d’imposta 2014 è contestata da Free e Agrinsieme perchè penalizza pregiudica la sopravvivenza delle iniziative in essere sul fotovoltaico, sulle biomasse e sul biogas mettendo a serio rischio l’intero comparto della green economy in Italia. Inoltre il rischio è quello di vanificare le prospettive future di sviluppo di energia termica da biomasse e del biometano da parte delle imprese agricole.

“Le misure inoltre non tengono conto dello stretto legame tra produzione di energia e imprese agricole – prosegue la nota – che a fini energetici utilizzano sottoprodotti, residui e rifiuti, con benefici anche per l’ambiente.

Oltretutto si tratta di un provvedimento di poco successivo a quello denominato ‘Destinazione Italia’, che ha eliminato i prezzi minimi garantiti sulla vendita dell’energia e ha introdotto la rimodulazione al ribasso degli incentivi.

Questo assurdo nuovo ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili in Italia – concludono Free e Agrinsieme – si sta decidendo proprio all’indomani degli ultimi dati allarmanti sui cambiamenti climatici forniti dalla rete internazionale di esperti del clima, l’Ipcc, e proprio mentre l’Unione Europea, dopo aver fissato precisi obiettivi per le rinnovabili da raggiungere entro il 2020, sta già programmando i nuovi obiettivi al 2030, convinta che questa sia l’unica strada percorribile per contrastare i cambiamenti climatici.