Il drone che “mette” più acqua nelle nuvole

Si è sempre associato il termine “drone” al linguaggio militare.

Eppure proprio mutuando il concetto, anche la ricerca scientifica si sta avvalendo di queste tecnologie per trovare le giuste contromisure ai cambiamenti climatici.

In particolare per quanto riguarda l’avanzare dei fenomeni di siccità che rendono l’acqua una risorsa ancor più preziosa. Ecco cosa è stato sperimentato dai ricercatori del Nevada Desert Research Institute.

E’ quanto riporta In a Bottle (www.inabottle.it) sull’innovazione applicata alla sostenibilità.

Progettato per aiutare le regioni del mondo potenzialmente tormentate dalla siccità, il drone costruito dagli scienziati americani permette di “mettere più acqua nelle nuvole”. Ha spiegato Jeff Tilley, a capo del team di ricerca: “Attraversi questo aereo senza equipaggio riusciamo a sparare sulle nuvole particelle di ioduro d’argento che facilitano il formarsi della pioggia”. Il processo viene comunemente definito “cloud seeding”, ovvero inseminazione delle nuvole. “Per ogni 25-45 ore di volo – ha affermato Tilley – questo drone è in grado di sollecitare quasi un miliardo di litri d’acqua, quantità pari a circa il 10% del normale volume di pioggia che avviene in una precipitazione”.

L’alta tecnologia unita all’analisi e alla tutela delle risorse naturali ha trovato applicazione in Italia nel progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai”. Lo studio vede impegnati gli studiosi dell’Università di Milano in alta Valtellina, dove l’obiettivo è studiare la fusione glaciale con le migliori attrezzature di rilevamento aereo, l’occhio tecnologico di un satellite NASA per acquisire immagini ad altissima risoluzione e  una stazione meteorologica all’avanguardia che acquisisce dati energetici.