Ricercatori sul piede di guerra: “In Italia troppe restrizioni sulla vivisezione”

I ricercatori della neonata piattaforma Research4Life hanno lanciato un appello alla Commissione Europea affinché valuti la legge italiana che ha recepito la Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.

L’Italia, infatti, ha fatto propria in maniera restrittiva la direttiva Ue, proibendo l’allevamento in Italia di animali da laboratorio e vietando la sperimentazione animale a chi fa ricerca sulle sostanze d’abuso e sugli xenotrapianti da fine 2016. Una piccola conquista di civiltà, che però i vivisettori vedono come il fumo negli occhi.

Con lo slogan “Fare Ricerca è cercare la Vita”, i vivisettori di Research4Life attuano lo stratagemma tipico di ogni forma di discriminazione. Con la scusa di difendere gli italiani, i razzisti attaccano gli stranieri che cercano rifugio da situazioni invivibili. Con la scusa di difendere la famiglia tradizionale, gli omofobi attaccano gli omosessuali che chiedono pari diritti. Con la scusa di salvaguardare la vita umana, gli specisti sacrificano la vita di animali innocenti sottoponendoli anche ad atroci e inutili sofferenze. La realtà è che l’82 per cento degli italiani è contraria alla vivisezione e che i suoi sostenitori, sentendo che il consenso nei loro confronti è in continua diminuzione sta cercando con ogni mezzo di riconquistare la fiducia della gente agitando lo spauracchio della loro salute in pericolo.

Nella sua lettera di saluto a sostegno di questa iniziativa, il Ministro della Salute Lorenzin ha scritto “Il rischio è che un cittadino poco informato, o peggio, male informato, possa lasciare campo aperto a convinzioni non fondate scientificamente”. Siamo perfettamente d’accordo con il Ministro e pertanto è importante informare i cittadini che una larga parte della comunità scientifica considera ormai la sperimentazione animale come un metodo di ricerca obsoleto, che peraltro non ha nessuna validazione scientifica. Al contrario, i moderni metodi alternativi sono soggetti a validazione e hanno un valore decisamente più predittivo per l’uomo in quanto si basano su colture di cellule e tessuti umani, modelli matematici computerizzati, sistemi artificiali, simulatori meccanici o computerizzati e tanti altri metodi non invasivi e non cruenti che forniscono dati molto più affidabili per l’applicazione finale sull’uomo. Quello che manca è la volontà di investire su questi metodi perché, come dice il Dott. Cagno, la vivisezione fa bene, solo a chi la pratica. Soprattutto in termini economici aggiunge LNDC.

È inspiegabile come nel 2015 ci si voglia ancora affidare a un tipo di ricerca che non ha alcun fondamento scientifico né tanto meno etico. “In questi tempi si è maturata un’allargata sensibilità e una maggiore attenzione verso l’ambiente e gli esseri viventi che lo popolano, con particolare riguardo agli animali d’affezione”, afferma il dott. Pierluigi Castelli , Direttore Scientifico LNDC. “Pertanto risulta ovvio quanto in un clima così avanzato e finalmente centrato sulla dignità e l’inviolabilità della vita strida in maniera dissonante il mantenimento, tra le altre, di una pratica assolutamente anacronistica, perché non più conforme alle odierne istanze etiche universalmente percepite, quale la vivisezione”.