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Comunicazione ambientale: rischi ed eccessi

Il surriscaldamento globale e i problemi che affliggono la comunicazione e il giornalismo ambientale sono stati i temi protagonisti della conferenza dal titolo “Pianeta rovente: comunicare il cambiamento climatico oltre il catastrofismo” patrocinata da FIMA (Federazione italiana media ambientali) e tenutasi giovedì scorso durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

E’ fondamentale partire dalla solidità di quanto affermato da Alex Sorokin (ingegnere nucleare, presidente di InterEnergy e membro del comitato scientifico di FIMA): ricercare ancora oggi tracce di un qualche dibattito in corso tra scienziati coinvolti nello studio dell’attuale mutamento climatico e sull’effettività dello stesso, è da considerarsi non solo sbagliato ma persino illogico.

Il surriscaldamento globale è una realtà scientifica consolidata.

Questa realtà climatica, trascorsi gli anni della sua massima divulgazione, sorpassata da notizie alle quali è stato dato più spazio, è oggi divenuta marginale se non perfino trattata alla stregua di una notizia infondata.
Le piccole e grandi spie che segnalano la vitalità di questo evento, attualissimo e per niente privo di forze, sono però sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare ai gerani che fioriscono più volte l’anno o ai ghiacciai che si ritirano sempre di più.

Sintomi che uno dei relatori, Luca Mercalli (presiedente della Società Meteorologica Italiana, direttore della rivista “Nimbus” e consulente UE per l’adattamento ai cambiamenti climatici e la difesa del suolo), ha messo in evidenza proprio perchè contingenti alla vita di tutti i giorni.

Di contro, si ha un vasto numero di informazioni di rilevanza internazionale male riportate o non menzionate affatto. L’ultimo rapporto dell’IPCC, per esempio, è noto solo in una delle sue parti.
Dato forse ancora più grave, sottolinea Mercalli, l’informazione ambientale giace oggi in uno stallo dal quale non si riesce a comunicare l’attuale capacità della tecnologia a sviluppare soluzioni per questo problema ormai scientificamente assodato.

Secondo Stefano Caserini (docente di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano, fondatore e coordinatore del blog “Climalteranti”), la comunicazione e il giornalismo ambientale soffrono di gravi problemi.
Il sensazionalismo facile che in alcuni periodi affligge la materia, le inutili dispute tra negazionisti e studiosi, sono solo alcuni dei mali del sistema dell’informazione in quest’ambito.

Spesso alcune notizie non sono figlie di rigorosi dati scientifici ma di grossolane superficialità.  Una carente preparazione sull’argomento, il confondere le causalità con le casualità, l’eccessivo spazio dato al complottismo o la regia neanche troppo occulta di interessi particolari, contribuiscono a creare quella disinformazione che ingenera opinioni false o tendenziose.

Le regole per una buona comunicazione valgono però anche per i comuni cittadini. Non si dovrebbe infatti parlare di cambiamento climatico senza considerare alcune regole fondamentali.

Dal “decalogo” stilato da Veronica Caciagli (esperta in comunicazione web, co-fondatrice e presidente dell’Italian Climate Network), preme evidenziare alcune dei principi più stringenti.

Non avere altre fonti se non quelle scientifiche, non considerare il problema confondendo la propria situazione nazionale con altre realtà e non lasciare spazio alla disinformazione e al negazionismo.

I pericoli del giornalismo-fiction, dell’imprecisione lessicale e delle estremizzazioni sono le trappole in cui può cadere chi fa informazione ma riguardano,in realtà, tutti noi.
Attenzione e sensibilità sono le armi che dobbiamo utilizzare per non correre il rischio di scoprirci parti lese e divenire a nostra volta cattivi comunicatori.

Andrea Ferrari Trecate