Green Hill condannato per maltrattamento sugli animali

Il Tribunale di Brescia con una storia sentenza condanna Green Hill, l’allevamento di beagle.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 60 giorni.

  1. E’ stato condannato dal Tribunale di Brescia per il reato di maltrattamento e di uccisione di animali (articoli 544bis e 544ter del Codice penale): una sentenza memorabile, destinata a fare giurisprudenza, capace di fare emergere l’amara realtà delle sofferenze inflitte ai cani allevati a fini sperimentali dalla succursale della multinazionale Marshall.
  2. Sconfitto con il sequestro probatorio di tutti i beagle (luglio 2012), ora confiscati dal Giudice. Una vicenda senza precedenti in Italia e nel mondo per numero di animali “da esperimento”, circa 3000 definitivamente salvi, e per i suoi risvolti giudiziari: la legalità e il rispetto del benessere animale sono principi vincolanti, per legge, anche in settori come la sperimentazione.
  3. Per legge, inoltre, Green Hill non potrà comunque riaprire perché il Decreto Legislativo 26/2014, approvato alcuni mesi fa, vieta l’allevamento di cani, gatti e primati destinati ad esperimenti.

Si è concluso così il processo di primo grado presso il Tribunale di Brescia, a carico di Bernard Gotti e Ghislane Rondot, co-gestori di “Green Hill 2001”, Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario dell’allevamento, accusati di maltrattamento e di uccisione di animali (art.544bis e 544 ter del codice penale): Renzo Graziosi, veterinario dell’allevamento e Ghislane Rondot, co-gestore di “Green Hill 2001” entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi, Roberto Bravi, direttore dell’allevamento condannato a un anno più risarcimento delle spese. Sospensione dalle attività per due anni, per i condannati, e confisca dei cani. Assolto Bernard Gotti, co-gestore di “Green Hill 2001”.

Le condanne non sarebbero state possibili senza la Legge 189 del 2004, ma è anche simbolicamente la vittoria di Davide contro Golia, l’affermazione delle ragioni antivivisezioniste in contrapposizione agli interessi di una potente multinazionale come la Marshall.

Il Pubblico Ministero Ambrogio Cassiani, nella sua requisitoria aveva chiesto per i capi d’imputazione del processo, 3 anni e 6 mesi per il veterinario Graziosi, 3 anni per Rondot e 2 anni per Bravi e Gotti. Inoltre, aveva contestato a cinque dipendenti di Green Hill il reato di falsa testimonianza.

Sulla base di quanto emerso dalle prove e dai verbali del processo, inoltre, la LAV annuncia che chiederà l’imputazione dei veterinari dell’Asl di Lonato, dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia e dei funzionari della Regione Lombardia e del Ministero della Salute, che in tutti gli anni passati avevano scritto che tutto era regolare nell’allevamento.

“La sentenza di condanna di Green Hill è un riconoscimento a tutte e tutti coloro che in tanti anni hanno partecipato a manifestazioni a Montichiari e in tante altre parti d’Italia e del mondo, hanno digiunato, firmato petizioni, realizzato inchieste giornalistiche, presentato denunce, scavalcato barriere fisiche e ideologiche che difendevano l’indifendibile – ha detto Gianluca Felicetti, presidente LAV –  sapendo bene che “Oltre il filo spinato di Green Hill”, la vivisezione esiste ancora e uccide quasi 3000 animali al giorno, tutti i giorni, solo nel nostro Paese, e non da alcuna risposta positiva alla nostra salute: per questo la nostra battaglia è continua”.

Numerose le prove portate in aula dal Pubblico Ministero, a dimostrazione dell’esistenza di un “sistema Green Hill”, ovvero la pratica aziendale di uccidere i cani affetti da patologie per contenere i costi e perché non erano più idonei allo scopo: ad esempio cuccioli uccisi perché affetti da dermatite, un problema risolvibile con adeguate cure e alimentazione idonea, ma che ne pregiudicava l’utilizzo come cavie. Elevata la mortalità dei beagle: tra il 2008 e il 2012 sono stati contati ben 6023 decessi, un numero esorbitante, a fronte dei 98 decessi registrati nel periodo successivo al sequestro, di cui circa una cinquantina quando i cani erano ancora nell’allevamento in attesa di essere autorizzati al trasferimento.

Costava per loro di meno farli riprodurre in continuazione e sostituire così i “beagle difettosi”.

Nel corso del processo la difesa ha dapprima artatamente alluso al fatto che è stato registrato, non si sa da chi, un maggior tasso di mortalità dei cani consegnati alle associazioni animaliste, rispetto alla normalità della gestione di Green Hill: una dichiarazione falsa, una diffamazione e una provocazione, contro la quale abbiamo proceduto legalmente, vincendo.