Estate killer nei campi: infortuni e lavoro nero

“Se per buona parte del mondo produttivo la primavera e l’estate sono considerate le belle stagioni, sinonimo magari di una vacanza imminente, per il mondo dell’agricoltura sono invece i periodi di lavoro più intenso e faticoso. Quelli in cui si lavora di più e quelli, purtroppo, in cui si muore di più. E a provocare la maggior parte degli infortuni mortali nei campi è il trattore. L’ultimo, qualche giorno fa in Calabria, ha coinvolto un diciannovenne che, sbalzato fuori dal mezzo agricolo, è stato schiacciato sotto la ruota posteriore”, è l’ intervento dell’Ingegner Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering

Ma questa è solo la più recente e tragica notizia apparsa sui quotidiani.

Perché ad osservare la cronaca degli ultimi due mesi, tra giugno e luglio, emergono tristemente decine di decessi sul lavoro in agricoltura. Perché purtroppo esiste anche una stagionalità degli infortuni mortali nel settore che ben si definisce nei dati del nostro Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering.

Nel triennio 2011-2013 emerge che la maggior parte degli infortuni mortali è avvenuto nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre, ovvero nei mesi caratterizzati in genere da una più intensa attività agricola.

Il mese più colpito in assoluto da infortuni mortali sul lavoro è maggio con 175 casi totali nel triennio.

Un’emergenza che si ripete anno dopo anno, dunque, e che si rinnova mese dopo mese. Dal 2011 al 2013 nel settore agricolo si sono contate il 40 per cento di tutte le vittime sul lavoro registrate in Italia: 606 operatori agricoli su 1515 morti bianche rilevate nel Paese escludendo gli infortuni in itinere.

Intanto nei primi quattro mesi del 2015 l’Asaps (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) ha rilevato 111 incidenti con trattori agricoli che hanno causato 46 vittime e 70 feriti.
Un settore più che fragile sul fronte della sicurezza dei lavoratori, la cui situazione viene aggravata da altri dati che pesano come macigni sull’agricoltura: quelli relativi alla manodopera irregolare. Come rilevato in “Agromafie 3° Rapporto sui Crimini Agroalimentari in Italia”, l’Eurispes stima al 32% l’incidenza del sommerso in agricoltura nei primi sei mesi del 2014. Una cifra in aumento rispetto agli ultimi anni: 27,5% nel 2011, 29,5% nel 2012, 31,7% nel 2013.

Del resto l’Istat, già nel 2010, vedeva il settore agricolo come quello a maggior incidenza di sommerso in Italia pari al 24,5 per cento. Sempre secondo l’Istat, poi, i lavoratori irregolari in agricoltura erano 197 mila nel 2011 ed erano saliti a 201 mila nel 2012 (ultimi dati disponibili).

Incidenze e numeri piuttosto elevati sul fronte del lavoro irregolare che derivano anche dal carattere di stagionalità ed occasionalità dell’occupazione nel settore agricolo. E che conducono ad un unico sillogismo: lavoro irregolare+ assenza di tutela contrattuale= incremento del rischio di infortunio per il lavoratore.

Come operatori della sicurezza sul lavoro siamo convinti che la diffusione del lavoro irregolare e la scarsa attenzione degli operatori per la sicurezza siano gli attori principali nel dramma delle morti bianche; perché è evidente che in assenza di un contratto regolare vengano a mancare tutte le tutele che esso impone: parliamo di previdenza, ma anche e soprattutto, di tutela della sicurezza sul lavoro e di competenze degli operatori.

Serve, dunque, una riflessione collettiva che parta dalla politica e passi attraverso gli organi di sorveglianza affinché i controlli e le ispezioni vengano intensificati e gli evasori della sicurezza sanzionati.